Circolo virtuoso Il nome della Rosa
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Martedì 17 dicembre ORE 21:00
VITA D’ARTISTA
“IL BATTELLO EBBRO”
Incontro con: Giovanni GALEONE
A cura di: Luca MAGGITTI
Sa qual è il segreto del Pescara? Che non c’è un solo giocatore coglione.
Forse uno al massimo, ma innocuo.
(Giovanni Galeone, intervista a Repubblica, 13 giugno 1987)
A Giovanni Galeone aderisce alla perfezione l’autoritratto di Walt Whitman: un uomo vasto, che contiene moltitudini. Il grande poeta americano non rientra nelle letture impegnate di cui il Profeta – come chiamavano Galeone – si è vantato per anni, un po’ anche per alimentare con furbizia il mito senza tempo dell’allenatore esistenzialista e viveur, che tutto fa curriculum. E quindi Galeone legge Camus, Sartre, Proust, Brecht… Prima di un Pescara-Milan, ovvero Galeone vs Sacchi, aveva fatto scrivere a un giornalista della Gazzetta dello Sport che una volta si era portato in panchina un libro di poesie di Jacques Prévert, e l’aneddoto era volato di foglio in foglio fino a diventare leggenda metropolitana.
“Ma quella era una puttanata, in panchina portavo solo le Marlboro Rosse. E poi Prévert era triste, mentre il mio calcio era allegria”. Negli stessi mesi in cui Whitman diventava finalmente mainstream grazie agli allievi del professor Keating che declamavano “O capitano, mio Capitano!” salendo sui banchi della Welton Academy, Galeone era uno dei mattatori del lunghissimo Attimo Fuggente ripetutamente colto da una città intera. Perché, siete liberi di crederci o no, vivere a Pescara alla fine degli anni Ottanta doveva essere un vero spasso…
Fonte: ultimouomo.com
Appena presi a scendere lungo i Fiumi impassibili,
Mi accorsi che i bardotti non mi guidavan più:
Ignudi ed inchiodati ai pali variopinti,
I Pellirosse striduli li avevan bersagliati.
Non mi curavo più di avere un equipaggio,
Col mio grano fiammingo, col mio cotone inglese.
Quando assieme ai bardotti si spensero i clamori,
I Fiumi mi lasciarono scender liberamente.
Le Batteux Ivre
di Artur Rimbaud